Così come viene
Un libro e un catalogo
di Alfio Petrini
Da Daniela Igliozzi ho ricevuto in dono un libro di Armando Bandini, e il catalogo di una mostra di incisioni, in cui le sue opere figurano assieme a quelle del marito, recentemente scomparso. Molti sanno che Igliozzi e Bandini hanno legato la loro fama all'arte dell'attore, praticata con una dedizione, una competenza e una professionalità eccezionali. Pochi sanno invece che la coppia ha svolto anche una attività importante nel campo dell'arte grafica. Le creazioni che figurano nel catalogo sono tutte di notevole pregio e rivestono un carattere di assoluta originalità. Si tratta di opere che sono state tirate dagli autori su torchio calcografico a stella nel loro studio a Roma e che hanno ricevuto importanti apprezzamenti, con note al catalogo di Ugo Gregoretti, Eugenio Guglielminetti, Duilio Morosini, Domenico Purificato e Cesare Zavattini..
Il libro di Bandini ha un titolo curioso, Così come viene , che non vuol dire scritto in modo superficiale e sbrigativo, ma raccontando fatti in ordine sparso, non cronologico, relativi a spettacoli teatrali, films, programmi televisivi, ma anche ad avvenimenti di ordine sociale e politico, attraversati con passione e coerenza nel corso di una vita ricca di senso. Bandini era un attore con “una delle facce più indimenticabili della Repubblica” ha scritto Zavattini. Un primo attore/caratterista, dotato di grande talento. Lo ricordo con un sentimento di grande stima e riconoscenza non solo come artista, ma anche come partigiano e, in tempi più recenti, come sindacalista della Società Attori Italiani che ha legato il proprio nome a battaglie memorabili riguardanti la questione voce/volto e il pagamento degli straordinari.
Il mio Novecento è il sottotitolo del libro, che reca in premessa uno scritto di Enrico Vaime e che si avvale della prefazione eccellente di Giancarlo Sammartano. L'opera si fa apprezzare per il flusso vitale del racconto che è incentrato su figure di attori noti e meno noti del cosiddetto teatro di repertorio , sull'intreccio di fatti, avvenimenti e aneddoti offerti con garbata e ironica significanza.
 “Io cercavo di diventare un artista di varietà”, scrive Bandini . “Andavo a tutti gli spettacoli, vedevo tutto quel ciarpame, non come era ma come quei poveracci cercavano di farlo apparire ad un pubblico costituito in quel periodo da casalinghe cui i bombardamenti avevano tolto la casa, da vecchi che data l'età non rischiavano di essere arrestati e mandati al fronte, e da adolescenti che dopo la scuola non sapevano dove andare”. In quel periodo trovare la scrittura non era facile. E per accrescere le possibilità di trovare un lavoro molti attori si procuravano il “patentino”, che si otteneva dando un esame la domenica mattina al Teatro Universale. Ma non mancava la solidarietà tra attori: “Io faccio la spalla a te e tu fai la spalla a me”. Trovato il soggetto, ci si “accordava su poche battute”. “Io ti dico: ‘Sono entrato in una stanza e c'era un barone', e tu ‘Ah, un nobile', ‘No, una bara grossa, e dentro c'era un salmone'. ‘Ah, un pesce', ‘ No, una salma grossa' “.
Erano i tempi del teatro di varietà che Bandini desiderava fare: una delle forme di spettacolo dal vivo che è entrato a far parte della storia del teatro italiano.“Il locale più scassato era il Vittorio , all'uscita della Galleria Vittorio Emanuele, che, però, dopo che Vittorio Emanuele III aveva fatto arrestare Mussolini, si chiamava Galleria”. Le persone sceglievano quel cinemino perché si pagava poco e poi perché era vicino a “un sicurissimo e grandissimo rifugio antiaereo”. Erano tempi incerti e imprevedibili, in cui poteva capitare di tutto, anche di passare, non a caso, a teatro con un amico e di sentirsi dire dal direttore, come capitò al nostro caro Bandini giovedì 19 aprile 1944 : “Voi debuttate oggi”.
|