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2. (Due): essere complici di un ordinario voyeurismo o annegare per sempre

 

di Letizia Bernazza

 

Per quasi un'ora si resta incantati, ma anche irresistibilmente coinvolti di fronte a 2. (Due) , la performance del gruppo barese Fibre Parallele che vede come unica protagonista Licia Lanera. Insieme a Riccardo Spagnuolo, è lei a tracciare le linee della scrittura drammaturgica e a firmare la regia di un lavoro (peraltro uno dei primissimi del gruppo, nato nel 2006), ben costruito e di grande densità poetica che si regge sulla incredibile presenza dell'attrice. Quest'ultima, si fa corpo e voce di una tragedia: la storia d'amore con un ragazzo, Luca - del quale è perdutamente innamorata - che uccide dopo aver scoperto essere omosessuale. Attraverso le sue capacità vocali e fisiche, l'interprete comunica allo spettatore il devastante svanire di un sogno: quello di essere moglie, madre o, forse, quello di sposare una vita fatta di futili certezze o di cliché sociali, come la smania incontenibile di possedere un bel televisore al plasma.

Se non fosse per la forza e l'energia potenti dell'attrice, del suo continuo offrirsi allo spettatore, non credo che della storia narrata, seppure drammatica e potente, rimarrebbe molto nelle pieghe dell'animo di quanti hanno preso parte a 2.(Due). E, invece, sin dall'inizio - quando ad attenderci c'è una donna, da sola, di spalle, su una vasca da bagno intorno alla quale svolazzano bolle di sapone sulle note di Cocktail d'amore di Stefania Rotolo - si percepisce, immediatamente, una forte carica d'energia in procinto di esplodere. Il bianco diffuso della scena – non solo la protagonista veste un abito bianco, ma teloni bianchi a terra la circondano e, sul fondo, una vasca bianca è sovrastata da uno specchio, anch'esso dalla cornice bianca – crea una sospensione spazio-temporale simbolica, un intervallo “vuoto” foriero della stesso atto luttuoso che si consumerà di lì a poco. L'unico tocco di colore emerge timido da poche sacche, sospese sullo spazio scenico, contenenti un liquido rosso vermiglio: sangue, fatto sgorgare lentamente con uno spillo sottile, che l'attrice sottrae all'altezza del seno, o meglio, del cuore. Quel bianco – indice, come si diceva, di una sottrazione sofferta - è abitato da un corpo carico di dolore. Un corpo piegato, contrito dal tormento, dalla delusione e dalla lucida consapevolezza di aver comunque ucciso un essere umano. Prima dell'omicidio efferato, compiuto con un forchettone da cucina e con il giovane uomo che stenta a morire, la giovane amante si dimena a terra. È il suo essere carnefice e vittima a fare i conti con una coscienza in subbuglio che passa, in maniera inevitabile, per le sofferenze fisiche. E, mentre suoni amplificati, roboanti, sferzanti lacerano il nostro udito alla maniera di tante notizie che assuefanno ogni giorno le nostre menti, l'encomiabile maschera facciale di Licia Lanera, sporca di sangue e con gli occhi spalancati, umidi di lacrime, ci guarda.

È qui che il messaggio diventa chiaro: l'abitudine e la dipendenza, ormai divenute quasi naturali, di fronte ad eventi tanto crudeli al pari di quello narrato, reclamano una originaria pietas e un autentico rispetto per l'umano. Una sincera condivisione nei confronti dell'altro che deve obbligarci a non essere miseri complici di una cronaca spietata e di un ordinario e triste voyeurismo. Salvo annegare per sempre, come nel finale di 2. (Due) .

 

crediti fotografici: Manuela Giusto

 

2. (Due)

drammaturgia  Riccardo Spagnulo  e  Licia Lanera

interpretato e diretto da Licia Lanera

luci e suono  Riccardo Spagnulo
produzione  Fibre Parallele

Teatro dell'Orologio, Roma, dal 20 al 22 gennaio 2017