Filumena... con i piedi per terra!
di
Sergio Roca
Assistere ad una messa in scena della Filumena Marturano di Eduardo De Filippo e non fare paragoni con le storiche edizioni cinematografiche e televisive, con la regia e la partecipazione dello stesso autore, credo sia pressoché impossibile; tuttavia la trasposizione proposta dalla Gitiesse Artisti Riuniti con la regia di Liliana Cavani è la classica eccezione che conferma la regola. Nelle oltre due ore di rappresentazione (senza intervallo) della commedia di Eduardo, la tensione non cala pressoché mai.
Come è noto, il testo di Eduardo “viaggia” nelle emozioni di una madre che vuol condurre i suoi tre ragazzi, all'epoca identificati, sulle carte di identità, “figli di N.N.” ( Nomen Nescio ) nell'ambito di una “famiglia” donando loro la dignità del patronimico. Il sottotesto dell'opera, in più, parla del dolore di Filumena e del suo riscatto sociale; il riscatto di una donna in “vendita” nel corpo ma non nell'anima. Se nelle prime scene è il, narrato, pianto della madre che rende consapevole la giovane Filumena del suo disconoscimento familiare, l'ultima scena, col sopraggiungere del suo tardivo pianto, quello di moglie e madre, diviene il segno della ritrovata dignità sociale. Non scordiamo che il testo, del 1946, sottolinea come fossero guardate con diffidenza (e spesso disprezzo) le donne che vivevano relazioni al di fuori del matrimonio cattolico e, ancor di più, i bambini i cui genitori erano ignoti.
Filumena Marturano, compagna di Domenico Soriano, sembra una donna fredda e calcolatrice, tanto da non mostrare emozioni, fino ad essere priva della capacità di sciogliersi in lacrime; una ex donna di "vita" che, tuttavia, custodisce valori morali forti, in particolare quelli verso la famiglia, i figli (la vita) e la fede. Filumena stessa lascia trapelare tutto ciò col racconto del suo rientro a casa, dopo le prime giornate trascorse in un lupanare: « Tornai una sera a casa mia, il cuore mi batteva forte. Pensavo: Forse non mi guarderanno nemmeno in faccia, non mi faranno nemmeno entrare in casa! Nessuno mi disse niente: chi mi offriva una sedia, chi mi accarezzava... E mi guardavano come una persona a loro superiore, che dà soggezione... Solo mamma, quando l'andai a salutare, vidi che piangeva... A casa mia non ci sono più tornata. Non li ho uccisi i miei figli! La famiglia... la famiglia! Ci ho pensato venticinque anni» .
Al pubblico, però, il profondo disagio e la notevole onestà di Filumena risultano chiari solo nel finale del lavoro quando la donna, ottenuto l'agognato “riscatto sociale”, si lascia andare ad un pianto liberatorio che la riappacifica con il mondo: «Dummi', sto chiagnenno... Quant'è bello a chiàgnere...» .
Liliana Cavani, da navigata regista televisiva, cinematografica e operistica, alla sua prima esperienza col teatro di prosa, ha compreso il percorso emotivo del personaggio e, superando le note interpretative di De Filippo, pone, nella prima scena, una Filumena scalza, appena sollevatasi dal letto, dopo il matrimonio col Soriano e al termine della falsa malattia inscenata per convincerlo a farsi sposare. I piedi nudi, poi, li ritroviamo ancora, questa volta come prescritto dal copione, nelle scene finali della pièce.
Filumena è una donna forte, pratica, concreta: una donna con i piedi per terra, appunto, ma anche indifesa nel profondo, vulnerabile, come lo sono le sue scoperte estremità. La Cavani così pone Filumena davanti al pubblico: è un personaggio ancorato alla vita reale, palesa la sua fragilità rendendola, perciò, sfrontata e forte. La protagonista, per sopravvivere ad una società che l'ha marginalizzata, ha imparato a rimaner lontana da piccoli sogni e fantasie concentrandosi completamente sul desiderato, riscatto finale. Quello della nudità emotiva, palesata da quella fisica, in realtà, non è un “linguaggio” nuovo nella carriera registica della Cavani ed è ben utilizzato, in questa occasione, per liberarsi dell'ingombrante eredità scenica eduardiana.
Grazie a questa lettura del testo, Mariangela D'Abbraccio rende "unica" la figura di Filumena. La sua interpretazione non è sovrapponibile a quelle precedentemente già viste ed è questo che dà più credibilità al personaggio; non si è cercato di copiare una recitazione già vista, non si è pensato a recuperare stilemi datati; si è creato, invece, un flusso di emozioni semplici, terrene, di “pancia”, che permettono di decontestualizzare l'opera e trasmettere agli spettatori tutta l'umana, intima, sofferenza del testo creato da Eduardo per la sorella Titina.
Allo stesso modo il Domenico Soriano, interpretato da Geppy Gleijeses, ha reso non paragonabile il rabbioso protagonista proposto da Eduardo, almeno nelle prime scene del suo lavoro. Gleijeses lo presenta fragile, emotivamente combattuto, sin dalle prime battute. Domenico è un uomo che lascia trasparire i suoi dubbi ed il suo attaccamento a Filumena anche nei passi più drammatici. I molti anni di convivenza non sono trascorsi senza lasciar traccia nella mente e nel cuore dell'uomo e, proprio grazie alla minor carica “aggressiva” del Soriano di Gleijeses, l'accettazione del matrimonio “riparatore” ed il riconoscimento dei tre figli, sembra, allo spettatore, più reale. In fondo anche Don Mimì è un sognatore. Un Peter Pan che si scopre uomo solo quando realizza di essere padre di un figlio oramai adulto.
Mirabili le interpretazioni di Nunzia Schiano nella parte della Rosalia Simone e di Mimmo Mignemi nella parte di Alfredo Amoroso. Due caratterizzazioni perfette sia nei tempi sia nella vis comica. Particolarmente gustoso lo scambio di battute tra i due all'inizio del secondo atto (ipotetico). Per il Mignemi anche da sottolineare l'ottimo resa del “suo” Amoroso nella esilarante scena della “tazzina di caffè” che lo vede contrapposto al Soriano.
Non sfigurano nella parte della giovane amante, Diana, Ylenia Oliviero e in quello della donna di servizio, Lucia, Elisabetta Mirra.
Molto credibili e piacevoli sono risultati gli interpreti dei figli di Filumena: Umberto, lo studente geometra impersonato da Agostino Pannone; il commerciante in camicie, Riccardo, proposto da Gregorio De Paola e l'idraulico, Michele, costruito da un brillante Eduardo Scarpetta. Completa il cast Fabio Pappacena nel personaggio dell'avvocato Nocella.
crediti fotografici: Tommaso Le Pera
Filumena Marturano
di Eduardo De Filippo
regia Liliana Cavani
con Mariangela D'Abbraccio, Geppy Gleijeses, Nunzia Schiano, Mimmo Mignemi, Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Gregorio De Paola, Eduardo Scarpetta, Fabio Pappacena
assistente alla regia Marina Bianchi
scene e costumi Raimonda Gaetani
musiche Theo Teardo.
Teatro Quirino, Roma, dal 10 al 29 gennaio 2017.
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