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La scuola delle mogli

di Giorgio Taffon

Mi sono recato al teatro Quirino di Roma a vedere una delle ultime repliche del molieriano La scuola delle mogli, sostanzialmente riscritto, e tradotto con venature lessicali siciliane: spettacolo di fine stagione nella programmazione del teatro romano. Appunto, spettacolo, avente come interprete protagonista un attore siciliano che ha molto sèguito di pubblico nell'isola, e cioè Enrico Guarneri; e come regista Guglielmo Ferro, figlio d'arte (cioè di Turi), che si avvale di un'intelligente scenografia. Mi son chiesto, tornandomene a casa cosa mi fosse rimasto dello spettacolo nella mente, nel pensiero, meritevole di essere ricordato: vale a dire, cosa di davvero teatralmente valido, che viene da prima dello spettacolo e rimane dopo di esso? Sono tante le ragioni per le quali è ormai raro poter parlare di teatro senza spettacolo, e qui le sottaccio.

Anche l'allestimento visto al Quirino, dunque, s'insedia nello spettacolo (teatrale). Purtroppo le certamente numerose e gustose risate che, specie Guarneri (assieme agli altri attori tutti più o meno “all'altezza”) regala al pubblico, numeroso in platea, piuttosto sparuto nelle balconate, finito lo spettacolo, svaniscono completamente: direi che ci si accorge di aver assistito a un “già visto”, “già udito” (e già letto). Guarneri è bravo, con i suoi siparietti, giochi di parola, carrettelle varie, che provengono dalla tradizione dell'attore “mediterraneo”, popolare, a tratti dialettale, ma dell'umor nero molieriano non c'è traccia! Della crudeltà che risiede nelle pieghe dei caratteri non c'è segno! Come pure dei vari e veri rapporti di potere e dei sotterranei conflitti tra personaggi. Lo spettacolo , ancora una volta, gira attorno all'immediato effetto di riso (che c'è pienamente, beninteso) dell'attore siciliano, e, registicamente, al tema delle corna, così vivido nell'antropologia sicula. Il che è artisticamente giustificabile, essendo l'intreccio stesso della commedia sostanzialmente rispettato, ed essendo il timore delle corna una fissazione del protagonista Arnolfo (Agnese è la giovanissima che lui intenderebbe sposare, figlia di un amico creduto scomparso).

Ma, mi chiedo: dov'è Vitaliano Brancati? E Pirandello? E perfino Camilleri, che pur dalla linfa dialettale ha ricavato belle invenzioni? E dove sono i profondi suggerimenti che Macchia e Garboli ci hanno donato nelle loro ricerche? Quasi non ce n'è traccia. Ancora una volta c'è da chiedersi: fino a che punto i teatranti italiani devono obbedire ad altre leggi che non siano quelle di una profonda vita culturale davvero teatrale? E, infine, mi chiedo. I nuovi provvedimenti di legge sullo spettacolo dal vivo, offriranno nuovi e rivitalizzanti strumenti di crescita artistica?

La scuola delle mogli

di Molière

con Enrico Guarneri, Nadia De Luca, Rosario Marco Amato, Vincenzo Volo, Amalia Contarini, Mario Sapienza, Pietro Barbaro, Gianni Fontanarosa

scene Salvo Mangiagli

costumi Riccardo Cappello

disegno luci Andrea Chiavaro

regia Guglielmo Ferro

produzione ABC