Metodica della progettazione.
“Io ti amo”
Performance di Alfio Petrini
E' possibile progettare una performance d'attore? Credo che sia possibile La performance “Io ti amo” dura otto minuti. Non l'ho mai provata. L'ho progettata per sei mesi, lavorando sulle azioni, e l'ho dedicata all'attore muto. L'ho presentata a Roma, il 15 settembre 2001 al Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari, nell'ambito della Vetrina Internazionale Arte in Transito. Non l'ho mai ripetuta. La performance modifica l'uomo. Se non lo modifica, non si modifica. Se non si modifica, non è una azione performativa. Diventa uno spettacolo che soggiace contraddittoriamente alla logica della rappresentazione e al rituale demenziale della tournée. Molti performers passano da un festival all'altro sempre uguali a se stessi, come attori replicanti.
L'idea. Quanti crimini sono stati commessi sotto le bandiere sventolanti dell'amore, della fede, della libertà e del progresso! Spesso la violenza sta nascosta sotto un velo. Sta nascosta dietro un paravento. Veste l'abito dell'amore. (Se mi ami, perché dici che mi ami? I sentimenti non si manifestano attraverso l'assunzione di comportamenti?).
Il personaggio . Il personaggio non c'è. C'è un attore allenato all'autogestione dei processi organici che mette due parti del corpo l'una contro l'altra. Le braccia contro il resto del corpo.
Il racconto. L'attore tiene gli occhi chiusi e la bocca serrata. Annusa. Avverte l'odore di alcuni osservatori ritardatari. Si allontana. Il rifiuto è netto, è duro, è totale. La mano destra finge una carezza. La testa si rifiuta. Il resto del corpo accompagna l'opposizione. La mano insiste. La testa si ammorbidisce. La mano ci prova ancora. La fronte e la guancia si lasciano accarezzare. Il resto del corpo accompagna l'atto della carezza. Il ritmo della mano cresce. La testa cade nella trappola della carezza e si lasci andare. All'improvviso, le mani artigliano gli occhi, si avventano sulla bocca. Tentano di aprire gli occhi. Tentano di aprire la bocca. Il resto del corpo resiste, si dibatte, si difende, geme. Le mani cavano gli occhi, feriscono la bocca. Urlo. Fuga.
Il lavoro. Ho elaborato una scaletta di azioni fisiche, concreta , precisa. Ho fatto una prima verifica del potenziale di stimolo della struttura: impulso, energia e ritmo. Azione dopo azione. Passaggio dopo passaggio. Ho apportato alcune modifiche. Poi ho frantumato la struttura in azioni fisiche sempre più piccole, sempre più logiche e concrete. Ho curato nei minimi dettagli le specificazioni di qualità di ogni azione fisica, cercando di conseguire tre risultati: utilizzare in modo corretto il tronco (impulso dal baricentro, energia dal tronco agli arti periferici); sfiorare la dimensione della soglia; accertare la sensazione derivante dalla dilatazione del corpo/mente. Ho fatto e ri-fatto le azioni fisiche centinaia di volte per verificare se ero in grado di ri-fare ogni volta l'azione come fosse stata la prima volta e poi per impararle a memoria.
Clicca qui per vedere la performance
|