Mi chiamo Lina Sastri: spettacolo in musica e parole in sette quadri
di Giorgio Taffon
Attrice di prosa (presto riprenderà in questa stagione l'interpretazione di La lupa ), cantante fra le più raffinate e preparate di estrazione napoletana, autrice, regista, la bravissima artista partenopea Lina Sastri ha portato al Quirino, dal 5 settembre al 9 scorsi, il suo Mi chiamo Lina Sastri , spettacolo in musica e parole in sette quadri, scritto e diretto da lei. Afferma la Sastri: «Quando scrivo qualcosa di mio seguo molto l'istinto. Spesso la gente della mia terra, il Sud, pur amandomi e riconoscendomi non ricorda il mio cognome. È una specie di biglietto da visita, per dire che in questo momento della mia vita io sono questo». A ben pensarci, dopo aver visto lo spettacolo, davvero molto intenso, forse anche troppo breve, credo di poter capire il paradosso sostenuto da Lina: il rischio, insomma, di non venir riconosciuta fra i tanti! In realtà io trovo in lei incarnata una sorta di coralità, un mix di fusione di stili, sia musicali, sia vocali, sia di uso, sulla scena, della propria figura fisica, sia infine una sapienza ideativa dello spazio scenico che sa, in levare, elegantemente evitare orpelli e\o barocchismi che a volte contrassegnano la tradizione napoletana. Il suo percorso, che si snoda in circa 75 minuti di spettacolo, fra musica, canto, poesia, inserti drammaturgici, come il monologo eduardiano di Filumena davanti la Madonna delle Rose, consiste poi in sette momenti che, su esplicitazione dell'artista, sono le immagini di un'anima, nella e per la quale agiscono la memoria, l'inconscio, l'amore, la fede, la solitudine, la rinascita. Giustamente e opportunamente il lavoro della Sastri si inserisce a pieno titolo nella forma e formula del teatro-canzone, dove, a differenza di quelli che erano gli spettacoli di Giorgio Gaber, molto innervati da vis polemica e satirica, qui, nello spettacolo di Lina, per lo più si comunicano delle emozioni, dei movimenti del cuore, oltreché le mosse di un'anima e la dinamica di pensieri semplicemente legati ad esperienze di vita. Musicalmente a mio parere, anche grazie ad una voce molto duttile, e molto estesa nei toni, e molto legata a un'interiorità che si fisicizza, si assapora un mood molto mediterraneo, che oltre a Napoli richiama la Lisbona del “fado”, o certe ritmiche vicine all'Africa e anche a sonorità mediorientali. Ma non mancano brani o passaggi con citazioni più o meno dirette a Rota, a Trovajoli, e, in chiusura, ci viene donata una personale versione, dolce e malinconica, di Napul'è da Pino Daniele: i n scaletta, naturalmente, c'è molto della sua Napoli, ma senza indulgere in tradizionalismi o in schemi interpretativi che, se da una parte danno una certa sicurezza di resa, dall'altra rischiano di presentarsi come stantìi. Va dunque riconosciuto a Lina Sastri di aver maturato un livello interpretativo di eccellenza, molto fine, intelligente, gradevole per il pubblico, dosando tempi e spazi con un serio senso del teatro, e delle vere necessità della scena, quando si vuole creare poesia con la propria voce, la propria anima, la propria figura personale. Spettacolo, in conclusione, da raccomandare!
foto di Massimiliano Marolda
MI CHIAMO LINA SASTRI Scritto e diretto da Lina Sastri
idea scenica e disegno luci Alessandro Kokocinski
direzione musicale e arrangiamenti Maurizio Pica
con Filippo D'Allio , chitarra, Gennaro Desiderio violino, Salvatore Minale , percussioni, Gianni Minale , fiati, Pino Tafuto , piano, Antonello Buonocore contrabbasso
produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
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