ODISSEA A/R
di
Stefania
Chinzari
Ulisse c'est moi , lo potrebbe dire ognuno di noi. Siamo tutti Odisseo e odissea è il viaggio di conoscenza di noi e del mondo cui siamo chiamati, se a questa vita vogliamo prima o poi dare un senso: quanto lungo, spericolato, travagliato dipende da noi, dal nostro Fato e dalla capacità di resilienza rispetto agli eventi, ai mostri e alle lusinghe che il mare, i compagni di viaggio e gli dei ci mandano incontro. Come il proteiforme eroe, partimmo da Itaca per una guerra a cui non credevamo e dove pure ci siamo distinti, ma è sulla via del ritorno che l'esperienza si è fatta carne, là dove abbiamo combattuto gli istinti famelici del Ciclope (che già aveva affascinato Emma Dante in Io, Nessuno e Polifemo) , la seduzione dell'oblio e la banalità del vivere brutale, dove ci siamo negati la dolcezza della deificazione, sperando di poter ritrovare, un giorno, i sapori veri della terra madre. Siamo Ulisse in ogni fase della vita, dalla spavalderia astuta della giovinezza al tema struggente del Nostos.
Ma oggi, come profetizza Recalcati, siamo (stati) tutti anche Telemaco. Oggi, in tempi di tramonto dei padri e degli eroi, siamo l'archetipo del Figlio che non è solo l'icona dell'erede, diseredato dalla scura notte dei Proci così come noi abbiamo depredato i nostri figli della terra, dell'economia, e del futuro; siamo Telemaco come il figlio giusto che riverbera il suo paradigma anche sul padre: l'anti-Edipo che il padre non odia e non teme, ma attende e infine cerca, fiducioso, bisognoso, speranzoso. E il padre arriva, dopo un'Assenza che sembrava infinita, e proprio a lui si mostra, radicalmente umano, a testimoniare con la propria parabola – e il proprio Ritorno – che dai viaggi della vita nessun padre potrà mai salvarci, e pure val la pena armare le navi, colmare gli otri e partire.
Immaginate tutto questo a far da sfondo alla nuova creazione teatrale di Emma Dante (che nel frattempo ha aperto con successo la stagione lirica del Massimo di Palermo con la regia del Macbeth di Verdi) che l'artista siciliana ha scritto e diretto per i 23 attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Biondo di Palermo: è Odissea A/R , in tournée in tutta Italia dopo l'applauditissimo debutto estivo al Festival di Spoleto e in questi giorni all'Argentina di Roma, dove è già tutto esaurito, compresa la serata straordinaria (sarà poi a Pordenone e a Pistoia).
Immaginate tutto questo e poi impregnatelo di carnalità e di corpi, sporcatelo con una gestualità potente, sconcia e lirica, conditelo di lingua e di dialetto, cullatelo al suono dei Madredeus e di Poulenc, di ballate e ninne nanne, e materializzatelo a teatro, dove una bacinella d'acqua è il Mediterraneo e 23 giovani corpi in costume che si muovono all'unisono sono la nave che lo solca, per vedere un teatro che rivela a vista il suo linguaggio e la sua immutata valenza simbolica.
Odissea A/R, ispirato alla Telemachia (i primi quattro libri dell' Odissea di Omero) e al ritorno di Ulisse a Itaca è uno spettacolo vero, non solo il saggio finale di un corso biennale, uno spettacolo spregiudicato e dissacrante, ironico, vivo, intenso, visivamente potente (e in alcune scene esemplare), dove però l'ironia e il grottesco vincono sempre sulla tragedia e il ritmo e la fisicità, due temi portanti della poetica di Emma Dante, hanno sempre la meglio sull'emozione e il gesto interiore. Uno spettacolo dove il teatro è esaltato e rivelato, incarnato da attori giovani e capaci, chiamati a sostenere un'ora e mezza di corpo a corpo con il Mito, in cui recitano, ballano, cantano, tessono (e s-tessono) senza risparmiarsi mai: entrano e escono dal gruppo che è perennemente e coraggiosamente sempre in scena, per diventare personaggio, volto e voce, ma anche onde, palazzo, navi, telaio…
Si apre con la “schiera” di rito, un ritmico camminare che si popola di suoni, battiti, fischi, gesti, vestizioni e svestizioni, un grande Caos respirante da cui emergeranno via via alcune figure, in una lettura dove il mito, gli dei, la sovranità sono continuamente degradati e sbeffeggiati. Ecco allora Atena e Nike, che sull'Olimpo intercedono presso Zeus per riportare Ulisse a casa e liberare Telemaco e Penelope dall'orda dei Proci. Ma Zeus, come di recente nell'ultimo lavoro di Brinchi e Spanò su Aminta, è un culturista vanesio: concede, ma il suo guizzare di pose e di muscoli, racconta meglio di mille parole il disinteresse celeste per le umane faccende.
E a Itaca, dove l'Andata e il Ritorno del titolo prendono le mosse, il palazzo di Ulisse è infestato dai Proci, un ammasso di bruti dai gesti scurrili e brutali, un'orda di bulli in aria di cosca che ha ormai messo Penelope e il figlio alle strette. Telemaco è impaurito e fragile, (Euriclea lo prende a schiaffi come un bambino) e la regina una vedova in burqa dal cuore straziato che non ha più astuzie da offrire ai suoi assedianti, circondata da ancelle ammutinate, smodatamente vogliose di riporre il lutto per giacere infine con quei principi, rozzi è vero, ma virili assai.
Pulsioni, istinti, paure, vizi: nessuno si salva da una umanizzazione che sfiora l'animalità. E quando Odisseo arriverà nella sua reggia, lo aspetta un'orgia degradata, con paillettes e musica disco, prima della strage finale.
Sono il ricordo e la memoria che, forse, salvano l'uomo: Penelope tesse il suo passato, Ulisse piange sulle rive dell'isola di Ogigia, Telemaco parte in cerca di quel padre che non può rammentare. E a questi brandelli di umanità sono legate le immagini sceniche più potenti dello spettacolo. Prima su tutte, la tela infinita che gli attori filano sulla scena, facendosi ciascuno ordito e spola, fino a farne un sudario, un tumulo di terra nera, sotto la quale Penelope giace; poi il mare di teli/vele frementi d'impazienza del giovane Telemaco o il lungo rotolo di carta su cui le ancelle scrivono l'amore di Penelope per lo sposo, per arrivare all'acqua di lacrime e mare che annuncia l'addio di Ulisse a Calipso e segna, finalmente, vent'anni dopo l'Andata, l'inizio di quel gesto eterno che è il Ritorno.
crediti fotografici: Franco Lannino
ODISSEA A/R
liberamente tratto dal poema di Omero
testo e regia Emma Dante
con gli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Teatro Biondo di Palermo:
Manuela Boncaldo, Sara Calvario, Toty Cannova, Silvia Casamassima, Domenico Ciaramitaro, Mariagiulia Colace, Francesco Cusumano, Federica D'Amore, Clara De Rose, Bruno Di Chiara, Silvia Di Giovanna, Giuseppe Di Raffaele, Marta Franceschelli, Salvatore Galati, Alessandro Ienzi, Francesca Laviosa, Nunzia Lo Presti, Alessandra Pace, Vittorio Pissacroia,Lorenzo Randazzo, Simona Sciarabba, Giuditta Vasile, Claudio Zappalà
Produzione Teatro Biondo Palermo
Teatro Argentina, Roma, fino al 4 febbraio. Spettacolo in tournée
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