L'Aulularia a Capodanno
di Sergio Roca
Per il Capodanno 2018 ho deciso di regalarmi una serata a teatro e la scelta è caduta su un classico latino, l' Aulularia di Plauto nella riedizione di Vincenzo Zingaro in scena al teatro Arcobaleno di Roma fino al 4 febbraio.
Plauto non ha certo bisogno di presentazioni; la commedia Aulularia , come è noto, è la rivisitazione ‘romanizzata' del Dyscolos menandreo (o, secondo recenti studi, di qualche suo imitatore/discepolo) divenuta traccia, poi, per il più moderno Avaro di Moliére.
La storia ruota intorno alla figura di Tienichiuso (lo spettacolo utilizza, come testo di riferimento, la traduzione di Ettore Paratore che così ribattezza l'originale Euclione), un uomo povero ed avaro che, trovata una pentola piena d'oro, cerca di non far scoprire il suo segreto a chi lo circonda al fine di proteggere il suo tesoro, sua unica fonte di gioia, da eventuali malintenzionati.
Il ricco ed anziano Regalone, convinto dalla sorella a prender moglie, decide di chiedere in sposa la figlia di Tienichiuso senza essere a conoscenza che il proprio figlio, Lupacchiotto, non solo è innamorato della giovanetta, che lo ricambia, ma che l'ha già messa incinta; faccende di cui anche Tienichiuso è all'oscuro benché Uva, la sua anziana e ubriacona serva, ne sia informata in quanto confidente della ragazza.
Dopo varie vicissitudini, tra cui il furto della pentola da parte di uno dei servi di Lupacchiotto, il lieto fine giunge tra il rappacificamento generale ed il matrimonio tra i due giovani.
La rivisitazione di Zingaro nasce da un quadretto del mondo contemporaneo e del reale: il sogno di un operaio dell'Est che nel lavorare in un teatro, si addormenta sul palcoscenico leggendo l' Aulularia di Plauto e ne sogna la messa in scena.
Ecco, quindi, che il Lare domestico introduce la storia (così come si apre la commedia plautina). Il dio pagano, però, nella visione del regista, è divenuto un televisore che ci mostra come l'apparecchio sia, oggi, il vero ‘protettore' nonché ‘onesto testimone' della nostra quotidianità.
La narrazione si svolge, in una città di epoca romana, seppur stilizzata, con attori che indossano abiti, quasi senza una precisa collocazione temporale, trattandosi, infatti di una visione onirica. Tutti i protagonisti, a riprova, si contraddistinguono nell'uso di differenti dialetti o lingue (Tienichiuso parla ciociaro, Lupachiotto in romanesco, Regalone in siciliano, mentre la sorella di quest'ultimo da sfoggio a un mix tra l'inglese ed il siciliano). Debbo riconoscere che il mettere insieme così tanti modi differenti di parlare è una buona tecnica straniante e che le ‘contaminazioni' linguistiche sono calzanti: la Roma di Plauto non poteva che essere un crocevia di lingue e costumi!
Gli attori, tutti ben preparati e calati nelle rispettive parti hanno dato prova di saperle ‘tenere' e gestire con agilità, cosa non sempre facile perché la regia ha imposto agli interpreti, oltre che modalità espressive differenti, anche delle posture specifiche (non sempre comode). L'intenzione, probabilmente, è quella di riportare agli spettatori i caratteri o l'indole, dei singoli personaggi con un semplice colpo d'occhio. Si è ripresa, qui, quella recitazione fisica, tipica della Commedia dell'Arte, dove i movimenti e le espressioni risultano legati, in modo pressoché indissolubile, al ‘ruolo' del personaggio. Un'ottima scelta facilmente fruibile dal pubblico.
Discorso leggermente differente sulle gags che avrebbero dovuto portare ilarità agli astanti: sarà stata la stanchezza o perché lo spettacolo necessitava di essere ancora ‘rodato' (era solo la terza replica) ma i ritmi e i giochi di scena, seppure incalzanti, hanno fatto affiorare solo qualche sorriso sulle labbra degli spettatori. Poco efficaci anche alcune scenette tipiche dell'avanspettacolo, inserite per ‘alleggerire' il testo, che per la loro semplicità, usualmente non falliscono. Nel complesso mi sarei atteso uno spettacolo in grado di produrre qualche risata grassa, liberatoria, tipica della comicità plautina, ma non è stato così. Peccato perché il lavoro è veramente ben confezionato. Forse, però, sono stato solo sfortunato ed ho assistito alla classica ‘serata no'.
Termino questa breve relazione con due note sullo special di capodanno presentato per l'occasione dal Teatro Arcobaleno.
Finita la recita dell' Aulularia nonché la tradizionale riffa gestita dal simpatico ed affabile padron di casa: Vincenzo Zingaro, l'attrice e cantante Annalena Lombardi hanno allietato i presenti con alcune arie di operette, mentre il duo comico Vincenzo Battista - Riccardo Graziosi si è esibito, questa volta con pieno successo ai fini dell'ilarità, in alcune scenette tipiche del teatro di varietà. Attimi piacevolissimi che hanno rallegrato, con sonore risate, i primi minuti del 2018.
Aulularia (La commedia della pentola)
di Tito Maccio Plauto
adattamento e regia Vincenzo Zingaro
con Ugo Cardinali, Rocco Militano, Fabrizio Passerini, Annalena Lombardi,
Laura De Angelis, Piero Sarpa
musiche Giovanni Zappalorto
scene Vincenzo Zingaro
costumi Emiliana Di Rubbo
disegno Luci Giovanna Venzi
Teatro Arcobaleno, Roma, fino al 4 febbraio 2018
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