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ANTIGONE o la lotta per l'eutanasia

di Elisabetta Castiglioni

Vincente il binomio artistico Parrella-Aprea nella riscrittura ed interpretazione del grande personaggio sofocleo.

Il confine che separa il mondo dei vivi da quello dei morti è una sottile linea nella mente di chi combatte la legge per poi annullarsi allo stato di fatto. Sono composte di questa materia fluttuante e dinamica i pensieri di Antigone, descritta da Sofocle nel primo secolo avanti Cristo come una guerriera a difesa della legge della Natura e proposta oggi nelle sue elucubrazioni psicoanalitiche nella riscrittura dell'opera compiuta da Valeria Perrella, a lei commissionata dal regista Luca De Fusco.

Protagonista è una strepitosa Gaia Aprea, portavoce delle raffinate e sottili intuizioni dell'autrice. Al Teatro Eliseo di Roma abbiamo assistito all'attualizzazione di un capolavoro dell'antichità orientato ad uno dei principali argomenti di discussione della società contemporanea. Il culto del corpo dei morti, tanto sacro all'epoca di Sofocle, diventa in questo contesto una battaglia per l'eutanasia. È il caso di Polinice fratello di Antigone, oggetto del contendere tra Antigone e Creonte in relazione ad una sua degna sepoltura, ancora confinato in una prigione in uno stato comatoso e non autosufficiente. La liberazione richiesta dall'eroina sofoclea diventa cioè una vera e propria sfida alle Istituzioni dalla quale esce vincitrice solo nell'anima, ma non nel corpo, annullato per esaurimento mentale dal suicidio della stessa nella sua grotta di esilio. Come a dire: sono stata beffata dalla Vita e dalla mia esasperante lotta, ma ho trovato solo nella Storia, e nel suo lento e inesorabile corso, una giustificazione alle mie azioni.

Azioni e monologhi nei quali la stessa attrice afferma di essersi districata cerebralmente in più occasioni, insieme ai compagni di lavoro, poiché il non facile e spinoso argomento la portava ad una scelta univoca di determinazione, nonostante gli infiniti quesiti sulla vita e la morte che la materia tratta. Il procedimento di immedesimazione teatrale si è così intrecciato in un personale discorso sul coraggio personale di fronte alla Malattia e, ancor più, su cosa oggi significhi essere partecipi del Diritto, con risultati intensi ed unici nei quali il volto in grandangolare e primissimi piani proiettato in real time dai microproiettori sul palco vivificava nei dettagli le espressioni dell'animo della donna e dell'interprete, a suggello del suo patto con lo Spirito purificatore della personale Volontà umana di azione.

Gaia Aprea non è nuova al ruolo di Antigone, anzi: il suo debutto come attrice professionista fu proprio contrassegnato dall'incarnare questo personaggio nell' “ Edipo a Colono” con Glauco Mauri, seguito dall'esperienza con Terzopulos e nella rispettiva tournée che partì da Epidauro e approdò addirittura in Cina e Giappone. Anche con Louis Pasqual, in una rivisitazione di “Edipo re” ed “Edipo a Colono” recitò in un'Antigone completamente reinventata dal regista, ma è forse questo nuovissimo contesto interpretativo quello che più le si addice, a partire dalla prima scena – all'interno di un letto-prigione annebbiato e diviso dalla platea da un simbolico schermo in trasparenza su cui si proiettano gli stati d'animo della protagonista: scena nella quale la donna si presenta sciorinando uno sconfinato libro di preghiere in latino che altro non sono che i nomi di farmaci antidepressivi che le tengono compagnia devastandole, attimo per attimo, la lucidità interiore.

“Antigone è l'esempio di come un essere umano decida di prendere posizione rispetto alla vita” afferma lei stessa – “assolutamente non supportata da niente e nessuno e difesa unicamente dalla sua propria legge interna. Vorrei che la gente, tornando a casa, pensasse a questo e intavolasse discussioni a tema: Valeria, io e tutto il meraviglioso cast che mi circonda avremmo così raggiunto il nostro obiettivo e fatto il nostro dovere.”

Un teatro dell'azione mentale, degli sguardi, del conflitto tra parole inespresse e vomitate: è questa la cornice nella quale l'Antigone perrelliana si trova a confrontarsi con gli altri personaggi, interpretati rispettivamente da Fabrizio Nevola (Emone), Giacinto Palmarini (Corifeo), Alfonso Postiglione (Guardiano), Nunzia Schiano (Detenuta), Paolo Serra (Creonte), Dalal Suleiman (Corifea) e Antonio Casagrande in un particolarissimo Tiresia.

Donna, sorella, amante, nipote: dopo aver visto questo spettacolo - firmato nelle scene da Maurizio Balò, nei costumi da Zaira de Vincentiis, da Gigi Saccomandi alle luci e musicato da Ran Bagno - tutti i ruoli preposti decadono denudando l'anima di una donna sola, il cui cervello si insinua nelle districate sfumature di un'esistenza congelata dalla regola umana soffocatrice degli istinti primordiali, probabilmente, in situazioni come queste, più sani e giusti. Ma tutto ciò resta comunque a servizio e discrezione di ogni singola opinione personale, ottusa o moderna che sia, ma pur sempre raziocinante.