Colloqui con la cattiva dea
Piccole storie della Grande Guerra
di Alfio Petrini
Bisognerebbe coniare nuovi aggettivi per lo spettacolo di Elena Bucci e di Simone Zanchini, autori di “Colloqui con la cattiva dea”, prodotto dalla Compagnia Le Belle Bandiere. Una coppia di artisti potenti e meravigliosi che hanno offerto agli spettatori del Teatro India una serata viva ed emozionante, di grande teatro. La Bucci non recita, utilizza il corpo come fosse un strumento musicale. E Zanchini utilizza la fisarmonica come fosse il prolungamento del suo corpo.
Il canto della vita di tante vite segnate dall'orrore della guerra non si fa pronunciamento di una condanna e di un generico rifiuto della guerra, ma grido dell'anima, esplosione della parte oscura che ci appartiene e che appartiene ai due artisti. Teatro barbarico, dunque: la barbarie gli appartiene, anche se non hanno mai compiuto atti barbarici.
Si tratta di una questione centrale della proposta artistica che consente all'attrice e al musicista di lavorare in perfetta simbiosi sui processi organici, generando forme che non sono vere ma che sono credibili, che conquistano il cuore e la mente dello spettatore. I loro processi organici fanno riferimento a un sistema variegato di segni e di miscele linguistiche eterogenee. Non è prevista la pratica della messa in scena , ma della messa in vita del testo drammaturgico di riferimento. Il movimento della comunicazione e della significazione porta con sé non solo la organicità delle forme, ma offre l'occasione per alcune improvvisazioni di suoni articolati e di risonanze sonore finalizzate alla affermazione di un particolare punto di vista, quello dell'attore. Io attore non mi immedesimo nel personaggio, ma utilizzo il personaggio per affermare il mio originale punto di vista sul personaggio e sul testo di riferimento. E lo faccio accettando la barbarie che sta dentro di me.
Drammaturgia in musica? Una drammaturgia che è musica, che si fa musica e poesia, che attraverso le forme organiche mette lo spettatore nella condizione di elaborare autonomamente una propria drammaturgia: quella che viene comunemente chiamata drammaturgia dello spettatore e che si pone come altro punto di forza dello spettacolo. La partecipazione emotiva dello spettatore è indicibile. Impalpabile. Invisibile. Ma esiste come energia attiva, come materia volatile generata dalla visione dello spettacolo. Ne determina la qualità, e istituisce allo stesso tempo la condizione essenziale del fare teatro attraverso la elaborazione di un punto di vista di cui non si può fare a meno, quello dello spettatore, appunto.
Impervia la strada imboccata dalla coppia di artisti. Attiene al favoloso possibile dell'arte e della poesia, generato dal pensiero che si fa sangue e dal sangue che si fa pensiero. Elena Bucci e Simone Zanchini: due folli luminosi. Lo spettacolo: Povero, ma ricco d'idee e di forti emozioni.
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