ANTIGONEpietas
di Alfio Petrini
L'architettura della prigione in cui è rinchiusa Antigone è multiforme e labirintica. Suggerisce un fiore gigantesco, una trappola, una cella d'isolamento, uno strumento di guerra e di morte, e altro ancora. Contravvenendo all'ordine di Creonte, al vertice del potere politico, Antigone ha dato sepoltura al corpo del fratello Polinice, vittima di una guerra fratricida. Creonte presume di aver neutralizzato la figlia di Edipo e di aver affermato con la punizione la legge della ragione di stato. Non sa che lei sa. Non sa che lei sa di avere la capacità di ascoltare il silenzio dei morti, di riconoscere la via d'uscita dai meandri della prigione, di possedere un indomito spirito animale, di assumere la figura della bestia che porta con sé la fertile sacralità delle madri e delle spose del mondo, di resistere al ghigno di chi vuole vincere sull' altro.
Ilaria Drago - interprete, autrice del testo e regista dello spettacolo - lancia all'incanto sibili, e grida, e suoni inarticolati, e all'incanto tragico contribuisce non poco la musica di Marco Guidi. Quando Antigone simula il volo (prima o dopo la caduta?) e si libra nell'aria, carne bianca, senza peso, percepisco il larvato desiderio di rinascita a una nuova vita. E quando, combinando cielo e terra, cammina a quattro zampe nella buia dimora, avverto la presenza dell'animale che annusa e sfida il carceriere. Entrambe le azioni bandiscono lo stato di rinuncia di Antigone e segnano l'inizio di una trasformazione radicale che la predispone a compiere un atto di coraggio che ha valore di gesto politico. Il gesto trova radice e forza in ciò che Antigone ha dentro. Un sentimento antico, misterioso, di cui si sa poco o niente. Più forte dei divieti e delle punizioni. Più forte degli errori e degli orrori umani. Più forte della ragione di stato. E danzando, la fanciulla non semina a piene mani la vacua speranza, ma sparge il nerbo di una energia vitale che fa tremare Creonte. Ora è lui che ha paura. Lei è pronta all'atto decisivo e lui comincia ad avere paura della cosa che Antigone ha dentro. Dopo aver visto “tanti uomini a pezzi” è venuta a seppellire i morti per sfidare i vivi e per mettersi alla prova. Una prova difficile. Il suo urlo è senza suono. Il più forte. Il suo coraggio è “coraggio d'amore”. Il più arduo.
Un'Antigone guerriera, dunque, quella della Drago, combattiva e determinata, che trova riscontro metaforico nel magnifico oggetto di ferro - progettato da Mikulas Rachlik - che da strumento di guerra e di morte diventa strumento d'amore. Nel rovesciamento di significato lancia dardi ancora. Al termine del viaggio di rigenerazione e di conoscenza va a segno ancora con raddoppiato vigore. Forse avrebbe potuto produrre un linguaggio estensivo più coinvolgente, se la manipolazione in funzione espressiva fosse stata più fantasiosa e ricca d'iniziativa. E penso allo stesso tempo che un lavoro più pregnante sul versante delle azioni fisiche responsabili dell'attività attoriale interna avrebbe giovato allo spirito dell'opera, cioè alla sua complessità. Ho avuto l'impressione che la Drago abbia lavorato su testo linguistico e poi sulla scrittura scenica saltando il lavoro sul testo fisico, fondamentale per una attrice come lei che va alla ricerca della comunicazione a matrice multipla nella prospettiva di un profondo rapporto di collaborazione tra testo linguistico e scena, e in particolare di un rigoroso equilibrio tra pensiero del corpo (fino al canto e alla danza) e logos della parola. Un fatto questo che ha concesso un vantaggio alla parte razionale sulla parte sensibile della materia linguistica e - a tratti – ha favorito la dimensione dell'aura poetica a scapito della poesia della scena. Complessivamente uno spettacolo teso, intenso, ben costruito, con una “prima attrice” degna di questo nome.
Compagnia Ilaria Drago
“ANTIGONEpietas ”
Testi, interpretazione e regia: Ilaria Drago:
Musica, sonorizzazione e luci : Marco Guidi
Opera scenica: Mikulas Rachlik
Roma, Teatro dell'Orologio, febbraio 2013.
|