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Il Don Giovanni di Molière e Alessandro Preziosi

di Giorgio Taffon

Innanzi tutto un po' di storia del teatro: da metà Ottocento ai primi decenni del ‘900, nello spettacolo italiano predominarono dapprima l'Opera Lirica, e poi velocemente il cinema (per poi giungere al monopolio della televisione in pieno Novecento). Il teatro di prosa si difese costruendo i propri spettacoli sui cosiddetti “grand'attori all'italiana”, che divennero il perno attorno cui tutto girava: la strutturazione dei testi, spesso classici stranieri; il rispetto della divisione per ruoli e per parti (giovane attore, giovane attrice, promiscuo, e così via…); poi ancora mutuando dall'opera alcuni procedimenti drammaturgici, simili alle arie, ai duetti, ai cori, e, strumentalmente, a preludi, e così via, in modo tale che il grand'attore-capocomico-“protoregista” avesse un termine di paragone per esaltare le sue doti attoriali.

Ricordo tutto ciò perché mi pare che nella situazione nostra attuale, il teatro di prosa che sta divenendo maggioritario, in tutti i sensi, sia proprio quello in cui attori celebri, e celebrati, sia per le performances cinematografiche che televisive, affrontano anche la platea teatrale, come sta accadendo, ad esempio, a Roma, in un breve arco di tempo, in piena stagione, in cui di seguito si sono esibiti, tra tanti: Claudia Gerini, Stefania Sandrelli, Giorgio Colangeli, Sonia Bergamasco, Stefania Rocca, Franco Castellano, Sabrina Ferilli, e, appunto, Alessandro Preziosi, ora al teatro Quirino nelle vesti del molieriano Don Giovanni, degnamente accompagnato da un attore di scuola napoletana, già distintosi specie nel cinema, quale è Nando Paone, nel personaggio di Sganarello: si aggiunga, poi, che della messa in scena del Don Giovanni Preziosi ha assunto anche la regia. D'altra parte quello che ancora possiamo definire pubblico teatrale, sociologicamente identificabile nei ceti medioalti e maturi di età, se non anziani, sembra senza dubbio apprezzare la presenza sulla scena di attori che molto appaiono su monitor televisivi e schermi cinematografici.

Nulla di sbagliato se, come nel caso del duo Preziosi-Paone, lo scambio tra i vari linguaggi arricchisce la resa espressiva, anzi! La regia di Preziosi denota proprio la necessità di “rinforzare” la stilistica scenica, che rischia di divenire espressione artistica sempre più “antica”, se ancorata a tradizioni non rinnovate: con la collaborazione di Fabien Iliou, infatti, e usando la tecnica video in 3D (sempre più ormai usata in teatro, eredità, se si vuole, del teatro di ricerca anni '80-‘90), la scena è stata “mossa” da proiezioni ambientali e di fatto scenografiche assai variate, e in genere azzeccate coi registri svarianti fra comico e tragico dell'intreccio, fino all'efficacissimo effetto finale della morte del protagonista. E' come se lo spettatore assistesse a una parata di quadri, di singole pitture d'ambiente e d'interno, che una gran cornice passepartout dorata è posta sull'arcoscenico a contenere (efficaci nella realizzazione le luci a cura di Valerio Tiberi). Così pure gli stessi costumi hanno un forte impatto visivo, sconfinando anche verso modalità settecentesche: in primis è lo stesso Preziosi che, per sua stessa dichiarazione, ha voluto “costumarsi” da personaggio para-illuminista: e i suoi interventi monologanti, ben ritagliati dal testo molieriano per mano del traduttore e adattatore Tommaso Mattei, sembrano sempre essere detti come dei teoremi razionali, e dialettici: perfino quando l'oppositore è identificato con quel Dio da lui non riconosciuto.

Naturalmente affinché le nuove modalità del teatro maggioritario (lo spettacolo, tra l'altro, è una coproduzione KHORA TEATRO - Teatro Stabile d'Abruzzo) convincano spettatori e i pochi critici rimasti, occorre che gli attori che vogliono ripercorrere modalità all'antica italiana (aggiornate ai tempi nostri, ovvio), sappiano essere attori di teatro piuttosto che in teatro. Preziosi dimostra di esserlo pienamente, nel saper variare i registri, nell'occupare lo spazio scenico, nel duettare dosando i tempi-ritmi con un altrettanto bravo ed efficace Nando Paone nella parte di Sganarello. Entrambi aprono il ventaglio delle ipocrisie umane, delle falsità, della strafottenza, e della superficialità etica e spirituale, che s'inabissa in un tragico grottesco.

Anche gli altri attori ben collaborano a uno spettacolo che si avvale appunto di un' ensemble sempre all'altezza della situazione: dalla convincente e “giusta” Lucrezia Guidone (Donna Elvira), a un energico Roberto Manzi (Gusman, Don Alonso), per chiudere con i bravi Matteo Guma, Daniele Paoloni, Maria Celeste Sellitto, Daniela Vitale.

Molti e ripetuti applausi!

 

 

Don Giovanni

di Molière

regia Alessandro Preziosi

con Alessandro Preziosi, Nando Paone, Lucrezia Guidone, Roberto Manzi, Maria Celeste Sellitto, Daniele Paoloni, Daniela Vitale, Matteo Guma

scene Fabien Iliou

costumi Marta Crisolini Malatesta

luci Valerio Tiberi

musiche originali Andrea Farri

supervisione artistica Alessandro Maggi

Produzione KHORA teatro, TSA Teatro Stabile d'Abruzzo