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Il gesto di Pedro :
l'intensa parabola sul gioco del calcio e della vita di Giuseppe Manfridi

di Giorgio Taffon

 

Esco dal Teatro dell'Angelo di Roma, dove la sera di venerdì 27 gennaio sono stato ospite di Giuseppe Manfridi, io credo tra i primissimi drammaturghi italiani, se non il primo, che, per l'occasione e all'interno del progetto Dieci partite, è anche interprete in scena di Il gesto di Pedro . Solo Giuseppe Manfridi, penso, poteva immaginare scrivere e interpretare la vicenda privata del calciatore Carlo Petrini, che, per i tifosi giallorossi, è rimasto nella memoria per un suo “Gesto” espresso durante un Roma – Sampdoria del dicembre del 1975. Un gesto di scusa rivolto ai tifosi presenti allo stadio Olimpico per una serie di incredibili errori sotto rete che indispettirono un po' tutti. Un gesto che poi è rimasto nella memoria del tifoso, e che a mio parere fa da trafila del racconto sportivo romano e romanista con la canzone di De Gregori La leva calcistica della classe '68 .

Ebbene, la parola “Gesto” è naturalmente anche vocabolo tecnico del lessico teatrale, ed in Brecht, l'inventore del teatro epico del Novecento, il termine Gestus , come un artaudiano geroglifico, deve sintetizzare significati interni ed esterni dell'attore che mostra il personaggio. Chi più di Manfridi, dunque, supertifoso della Roma, poteva mostrarci il personaggio-calciatore Petrini? E, soprattutto, ripercorrere una parabola esistenziale che ha visto “Pedro” divenire scrittore dopo anni di disavventure umane, etiche, di torbidi affari, di sgomenti e lutti profondi? E dopo aver avuto il coraggio di svelare nel primo dei suoi libri Nel fango del dio pallone edito nel 2000 da Kaos edizioni, fatti e misfatti del calcio anni '80? L'identificazione tra un autore e un suo personaggio qui è al massimo dell'energia creativa: l'attore ha il suo eroe come un suo doppio: è un calciatore romanista, diverrà uno scrittore, è un padre, più tante altre cose della e nella vita che occupano chiunque di noi, conquiste e perdite, colpe e riscatti, peccati e perdoni, e così via. In più il nostro drammaturgo attore ha sviscerato le mille pieghe dell'anima umana in tanti drammi scritti negli anni, e sa percorrere le vie e i cunicoli più nascosti dei nostri labirinti mentali! L'attore Manfridi soprattutto racconta, mostra il personaggio Petrini, lo sa tenere anche a distanza, in modo da smitizzare il mondo del calcio, e seguire anche dal di fuori, in una efficacissima parabola da teatro di narrazione, tutte le avventure e disavventure del suo eroe. Anche gli eventi più dolorosi, vergognosi e altamente drammatici, come il mancato e irrecuperato rapporto col figlio Diego, promessa del calcio italiano anni Novanta. Occorre interpretarli, e allora l'autore Manfridi cita Wittgenstein che ci dice essere meglio il silenzio su ciò di cui non si può o non si deve parlare, come i nodi appunto tragici di un comportamento di vita. Restano allora, appunto, i “gesti” o meglio ancora, direi, le “azioni”, perché, a mio parere, anch'io da tifoso romanista accanito, ricordo quel rarissimo comportamento tenuto da Petrini: vera azione teatrale, tenuta davanti a decine di migliaia di spettatori: l'azione del chiedere scusa mentre si è oppressi dalla vergogna, dall'autoumiliazione! Perché tutti abitiamo anche in tanti nostri inferni (l'autore non può non citare spesso Céline), in teatri di guerra, vuoi domestici vuoi sociali. E cita Saba, il quale, nelle Cinque poesie per il gioco del calcio , traguarda il gioco per intuire l'epica del vivere, la gioia del vincere, il dolore della sconfitta. Tra gioco e vita, tra singoli e comunità, ci sono analogie e simboli che uniscono ( syn-ballein ), ci dice Pessòa : è la trama della vita, e del cosmo.

E nelle scene più immediatamente mimetiche l'attore Manfridi dimostra come nel teatro di narrazione scocca l'energia mitopoietica quando ciò che si racconta diviene nel profondo parte stessa della vita del narratore, al punto di poter anche transpersonalizzarsi, donando allo spettatore intensi momenti di commozione.

Dunque, all'uscita dal teatro sono un po' rabbuiato, anche arrabbiato, nell'aver visto in sala non molti spettatori, perché penso che una fatica così onerosa ma soprattutto così teatralmente e poeticamente bella, meriti molto di più! Al contempo son certo che il passaparola porterà in sala man mano molti più spettatori, una volta che, tra l'altro, si sia sparsa la voce che il calcio tutto sommato è poco più di un pretesto. Semmai, penso, è il contesto attuale del teatro italiano che ferisce chi ama l'arte teatrale: un contesto che non è in grado di tutelare e riconoscere appieno il merito dei nostri più alti artisti! Questa è davvero una grande sconfitta per una comunità che sta smarrendo i propri fondamenti civili e culturali! Il gesto di Pedro è anche una storia italiana di decadimento fraudolenza sparizione del senso del limite etico!

 

Il gesto di Pedro

Scritto, diretto e interpretato da Giuseppe Manfridi

(da un'idea di Daniele Lo Monaco)

musiche Antonio Di Pofi

scene Antonella Rebecchini

tecnico audio e luci Francesco Bàrbera

aiuto regista Lorenzo Manfridi