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LA CINTURA DI IPPOLITA

di Giorgio Taffon

Nell'ambito della rassegna 10 ragazze per Skenè, che si sta svolgendo con pieno merito al nuovo spazio Risto Teatro Skenè di Roma, il 21 e 22 febbraio scorsi, è stato portato sulla scena da Maria Teresa Bax, con le musiche di Francesco Verdinelli, il testo di Maria Letizia Compatangelo La cintura di Ippolita . Desidero tornare con la mia memoria di spettatore critico, alla performance che merita, seppur a distanza di tempo, delle interessanti considerazioni. Parto dal paratesto che fa da introduzione scritta, nel programma di scena, allo spettacolo, qui riportandolo:

Ippolita guarda le costellazioni nel cielo intorno alla luna. E' la sua debolezza, avrebbe voluto averne una tutta per sé, come Orione. Fuma e si inalbera facilmente. Per esempio quando ripensa a Teseo, o quando si sente chiamare “amazzone”, cioè senza un seno: loro, le sacerdotesse della Grande Madre, tette da tutte le parti, ma andiamo! Eppure è stanca, desidera soltanto poter finalmente scomparire, non essere più. Ha avuto dei buoni momenti durante il suo regno, un'età dell'oro durata millenni. Ma adesso il potere è nelle mani degli uomini. Qual è stato l'errore? Aver derogato alle regole antiche? Essere diventate simili a loro? E' stata la pietà? … O l'amore?

A dir la verità è anche importante e significativa l'introduzione al testo che l'autrice Compatangelo ha redatto con forte consapevolezza della storia del mito di Ippolita e delle Amazzoni, con varie implicazioni storiche, antropologiche, politiche, ideologiche e linguistiche (introduzione che qui non è possibile riportare). Che la letteratura drammatica del Novecento e di questo nostro nuovo secolo abbia fatto spesso ricorso ai miti antichi è cosa risaputa, ma mi preme sottolineare come la nostra drammaturga è riuscita a delineare una sua interpretazione molto efficace basandosi su criteri originali e su spunti che irrobustiscono lo stesso dettato drammaturgico scritto. Direi che una prima scelta azzeccata è stata quella di non “imborghesire” il personaggio, più vicina, in questo, l'autrice a un Testori piuttosto che a un Pasolini, quello intendo, delle tragedie borghesi (limitandoci ai grandi autori italiani).

Una seconda efficacissima scelta drammaturgica è stata quella di creare il personaggio protagonista proprio dando consistenza a suoi conflitti interiori, il che permette che si passi dal piano diegetico del racconto dei fatti di Ippolita, al piano drammatico, dando così spessore pienamente teatrale all'intreccio drammaturgico: ciò ha permesso all'autrice di svariare sui registri, dal tragico all'ironico, dall'elegiaco al lirico. E a proposito di registro lirico altro acquisto in questa scrittura la Compatangelo lo esplica costruendo sia per prosodia che per precisissima scelta sintattico-lessicale un tessuto linguistico assai musicale, ben ritmato, ben scandito. Vitalità e desiderio di morte, pur nella speranza di essere comunque ricordata nel cielo delle stelle con una sua costellazione; convinzione di aver ben operato anche dal punto di vista del comando ma anche il dubbio che invece non si sarebbe dovuto seguire quello che poi sarà la condotta autoritaria del patriarcato maschile e maschilista; nostalgia dell'amore ricevuto, ma anche tristezza per quello rubatole, tutti questi sentimenti arricchiscono in profondità la costruzione dell'entità-personaggio, che vive solo per quello che un attore, anzi un'attrice, poi dice e fa.

 

E appunto, veniamo alla bravissima Maria Teresa Bax, attrice di formazione strehleriana, validissima anche sul piano della didattica, dicendo che difficilmente ci sarà interprete migliore di lei di questo monologo così delicato poetico affascinante: l'eleganza della gestualità e la capacità di “portare” l'elocuzione con un senso preciso controllato e dunque poeticamente efficace sulla scena, la fanno apparire come una attrice-danzatrice, creando una partitura fisica minimale molto assorbita ma finalizzata pienamente alla conquista dell'attenzione densa da parte dello spettatore. Il suo personaggio risulta così convincente e avvincente, anche perché è agito da un'attrice che rivela in certi snodi scenico-drammatici una padronanza forte del mestiere dell'attore DI teatro, e non IN teatro.

Insomma, spettacolo da raccomandare, da sostenere e da far girare per gli spazi non solo romani.

 

di Maria Letizia Compatangelo

con MARIA TERESA BAX
Musiche di Francesco Verdinelli

Regia di Maria Teresa Compatangelo