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La monaca di Monza

di Giorgio Taffon

Nell'ambito della rassegna Primo sale , curata da Giulio Baffi, al Teatro Parioli di Roma, ho visto La monaca di Monza , interpretato, diretto, riadattato drammaturgicamente da Yvonne Capece e Walter Cerrotta. Peccato che, essendo presentato in una rassegna, lo spettacolo sia stato visibile per due sole sere, e cioè il 16 e 17 ottobre: per le sue qualità meriterebbe una presenza più lunga!

Capece e Cerrotta sono due trentenni, che hanno una loro sigla produttiva ( (S)Blocco5, con sede a Bologna, fucina di giovani teatranti spesso molto in gamba). La Capece, in realtà, sa alimentarsi alle sue sorgenti teatrali d'origine che sono napoletane, mentre Cerrotta è passato per una scuola più istituzionale quale quella del Piccolo Teatro di Milano.

Comunque sia, devo dire che i due giovani artisti se la son cavata davvero bene nell'affrontare un testo del repertorio testoriano, difficile, prolisso, molto letterario per via dell' elaborazione manzoniana ottocentesca compiuta per i Promessi sposi , al punto che, dopo l'allestimento di Visconti del 1967-‘68, rare son state le successive messe in scena: ci vuole molto coraggio, molta convinzione, e amore per l'autore, in tempi teatrali davvero difficilissimi! Certo, la lingua testoriana, anche quella dell'italiano standard, è comunque una lingua che pro-voca l'interesse dell'attore, e può molto affascinare gli stessi spettatori.

Innanzi tutto la riduzione\adattamento drammaturgico son risultati molto efficaci, coerenti col rispetto dei vari nodi conflittuali, quelli tra: genitori-figli; gerarchie-ribellioni; suore e madri superiori; legge e illegalità; odio e amore; preghiere e bestemmia; invocazione di Cristo e Dio Padre, e maledizione. Criticabile può essere il non accenno alla gravidanza di Suor de Leyva, che il suo amante Gian Paolo avrebbe voluto finisse bene, per avere una suora-madre, massimo sfregio all'autorità ecclesiale costituita. Ma direi che tale scelta non inficia il tessuto drammaturgico.

La regia ha una sua anima, a parer mio, oltreché avere una discreta attenzione costruttiva ed espressiva: pochi elementi in scena, con gli spettatori collocati sul palcoscenico obbedienti quindi a quello “sfondamento della quarta parete” sempre voluto da Testori stesso. Immersi in un semibuio che lascia entrare fasci di luce quasi sempre molto espressivi, specie nel delineare e far risaltare dei costumi accurati vicini al gusto e alla stilistica seicenteschi, anche figurativa, i due attori con pochi elementi fanno molto: quattro panche con varie funzioni metaforiche, fino a quella finale di una microscopica claustrofobica galera (storicamente esistita per la “sventurata”, nell'anno domini 1610); pochi elementi per costruire scenicamente i due personaggi: appunto i loro abiti di scena; o delle manciate di finti petali rossi; o un velo vaporoso color rosso sangue, che (con gesti di una stilistica bolognesebarbianaodinteatrale?) sorprendono lo spettatore, contribuendo ad evitare rischi di noiosa passività. La stessa durata dell'azione scenica, poco più di un'ora, assicura una fruizione allo spettatore abbastanza partecipativa e includente. Non doveva che essere così, trattandosi in definitiva di uno spazio mentale, non realistico, immerso nel nero materiale e in quello metaforico, ed etico. D'altra parte il genere noir impera al cinema e anche nella letteratura “impegnata”: nel nostro caso, però, direi che il rischio è quello di “ammorbare”, incupire lo spettatore, non di coinvolgerlo tra un delitto e l'altro, secondo regole di genere

E' su tale piano che esprimo qualche riserva circa la resa recitativa dei due attori, a volte troppo inclini a amplificare toni, intenzioni, vocalità, piuttosto che lavorare di più sulla sottrazione, sul quasi detto ed espresso, sui sottotesti, magari insistendo ancor di più sulla fisicità dei loro personaggi. Ma direi che anche su questo aspetto la Capece e Cerrotta sono già sulla buona strada!

 

La Monaca di Monza

di Giovanni Testori

regia e interpretazione Yvonne Capece e Walter Cerrotta

disegno luci Anna Merlo

scene Lorenzo Giossi

produzione (S)Blocco5