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Il teatro alla rovescia

di Marco Fratoddi

 

Rovesciare il teatro. O meglio, capovolgerne la gerarchia. È un'intuizione semplice, risolutiva e per di più inedita quella che sostiene L'alveare delle storie : un racconto a più voci, ispirato al patrimonio delle fiabe tradizionali che il Teatro dell'Orsa ha presentato durante la recente edizione del festival Reggionarra. La particolarità di questa creazione però non risiede tanto nel repertorio di storie su cui la compagnia emiliana ha scelto di lavorare insieme a 35 giovani interpreti, provenienti da tutta Italia e coinvolti durante i mesi scorsi in un'approfondita esperienza di formazione. Perché ciò che davvero si celebra in questo gigantesco carillon di parole, scampanellii e anime narranti è il luogo stesso in cui l'evento prende forma, la bellezza di un modello architettonico che rappresenta un sistema di organizzazione sociale (rubiamo il concetto a Fabrizio Cruciani che a questi temi aveva dedicato molti suoi studi) prima che uno spazio per lo spettacolo. Tutto del resto comincia nel foyer del teatro Romolo Valli di Reggio Emilia, tipica struttura all'italiana con tanto di ordini, fregi dorati e velluti rossi, quando il pubblico viene suddiviso ritualmente in piccoli gruppi e accompagnato dai custodi di questo microcosmo, le prime voci che conosceremo, all'interno del proprio palchetto. È l'inizio di una partitura alla quale ciascun narratore, con il proprio sciame di pubblico, contribuisce nell'intimità della propria cella, dove normalmente ci si accomoda per osservare quanto accade sul palcoscenico. Invece la storia prende forma lì dentro, insieme a chi ce la racconta: ascoltiamo da una prima narratrice la fiaba di un principe che riemerge dall'aldilà grazie all'amore di una fanciulla disinteressata e tutt'intorno il ronzio, le grida, il rintocco dei cimbali che provengono dal resto dell'alveare, dalle molteplici alcove in cui altri narratori elargiscono il nettare di un immaginario ancestrale. È una situazione ricca di suggestioni, sensorialmente anomala quella in cui ci ritroviamo, fra biglietti che scivolano nelle mani e frasi sibilline sussurrate all'orecchio. Qualcosa di simile a un'occupazione creativa che Monica Morini e Bernardino Bonzani concepiscono nel segno di Enrique Vargas, il regista catalano (per adozione) che investe proprio sull'immersività, sull'esplorazione sensoriale dei luoghi. Ma c'è anche un evidente retaggio dal teatro per ragazzi nell'attenzione verso il singolo spettatore, un approccio ludico che ci permetterà di attraversare l'intero apparato circolatorio del teatro come fossimo le vitamine o i globuli rossi di un vivente più grande. Raggiungiamo così in un secondo palchetto, dove si manifesta un'altra storia fra quelle che casualmente toccano ai gruppi: per quanto ci riguarda, sarà quella di un naufrago che riceve dal re che lo accoglie una grande ricchezza in cambio della sua generosa abilità da calzolaio, a conferma del messaggio edificante che tiene evidentemente insieme questi racconti paralleli. Alla fine, nel terzo tempo, ci ritroveremo tutti sul palco a contemplare l'alveare, a vivere da spettatori l'esperienza che normalmente tocca agli attori mentre loro, gli artefici della finzione, continuano a ronzare grazie alla guida sapiente di Antonella Talamonti, curatrice della drammaturgia sonora, l'ape regina di questa comunità.
Ne usciamo emotivamente coinvolti, insieme ad un pubblico che stavolta può variare davvero da zero a novantanove anni, con gli interrogativi che ci lascia un'esperienza dal sapore esistenziale. Uno su tutti: e se invece che in un teatro all'italiana, meraviglia del nostro passato, un allestimento del genere si organizzasse in un alveare d'altro genere, per esempio in un condominio di periferia come quello romano di Corviale, dove convivono seimila persone nello spazio di un chilometro? Anche quello sarebbe un sistema da leggere in maniera diversa.

 

L'alveare delle storie

regia Monica Morini e Bernardino Bonzani

drammaturgia sonora Antonella Talamonti

Teatro Romolo Valli, Reggio Emilia, Festival Reggionarra, 21 maggio 2017