Il teatro dei luoghi. Lo spettacolo generato dalla realtà , FabrizioCrisafulli, prefazione di Raimondo Guarino, con un testo di Giovanna Summo su danza e luogo, Artdigiland, Dublino, 2015, pp. 212 euro 20,80 (disponibile su Amazon)
di Silvia Contorno
Nel libro Il teatro dei luoghi. Lo spettacolo generato dalla realtà , Fabrizio Crisafulli espone, con estrema chiarezza e semplicità di linguaggio, in cosa consista il suo “teatro dei luoghi”, progetto che conduce da molti anni, ed il suo modus operandi .
Sono gli Anni Ottanta quando, nel corso dei suoi primi laboratori, inizia a riflettere e ad interrogarsi sul concetto di luogo in rapporto al lavoro teatrale, nesso che gli diventa via via più chiaro nel tempo , e che lo porta a comprendere quanto il sito possa farsi «realtà generatrice» (1) dello spettacolo. Episodio determinante a tale riguardo è la realizzazione sull'Etna, con il suo gruppo di lavoro, nel giugno 1990, di un breve film, poi utilizzato come materiale per lo spettacolo Il Pudore Bene in Vista . In quell'occasione inizia a comprendere come «il luogo possa farsi tessitura capace di strutturare un lavoro teatrale» (2).
Per Crisafulli il luogo non è solo uno spazio fisico, bensì un insieme di relazioni, alle quali il teatro può conferire un ruolo generativo assimilabile a quello attribuito al testo nella drammaturgia tradizionale. Durante la preparazione di uno spettacolo di teatro dei luoghi si intrecciano diversi tipi di rapporti: quelli propri del posto; quelli fra il gruppo di lavoro e il sito e quelli interni alla compagnia mentre lavora nel sito. Durante le prove, prendono vita gli agencements(3) che passo dopo passo contribuiscono sostanzialmente alla drammaturgia del lavoro. Crisafulli non parte mai da un testo teatrale. Parte dalle relazioni che possono scaturire da una condizione “data”, da lui proposta, che l'artista definisce lo “stato di cose”, che altro non è se non il suo «lavoro preventivo su materiali iniziali, ogni volta di diversa natura» (4) (testo narrativo, filosofico, scientifico, ma anche l'universo poetico di uno scrittore o di un artista). Tali materiali di partenza costituiscono il “pre-testo” a partire dal quale ha inizio l'intero processo dei collegamenti. Crisafulli attua la regia in modo delicato e silenzioso, con operare discreto e non impositivo: uno sguardo, un gesto, in un raffinato meccanismo di creazione. Parte da un preciso progetto e lascia che questo evolva e si trasformi sotto l'influenza del luogo e del lavoro di gruppo. La struttura drammaturgica è di tipo poetico, non narrativo. I componenti del gruppo vengono invitati all'ascolto, alla ricezione, a saper assorbire dalla realtà che li circonda. Regista, attori, musicista, tecnici sono coinvolti totalmente nello spirito del lavoro e sono sullo stesso piano, come teorizzavano i Meiningen; tutti si fanno protagonisti di un processo vivo, in fieri, lasciandosi trasportare da quanto il luogo suscita. Lo spettacolo in preparazione diviene un'entità in trasformazione, una creatura che pian piano assume una forma e una direzione, un senso. Durante un sopralluogo del gruppo di lavoro, tutti i sensi sono coinvolti; è un esperire concreto, materiale, ma anche incorporeo, intangibile. L'ambiente fisico è inscindibile dalle sue componenti più eteree. Uno degli elementi generativi del luogo è proprio la vita che in esso si svolge o si è svolta, e quindi anche la storia delle persone che lo abitano o lo hanno abitato, l'eco delle loro azioni che ancora abita il sito. A questo si aggiunge il tema del ricordo e della memoria, altro principio chiave che caratterizza il “teatro dei luoghi” di Crisafulli. «Memoria storica, sedimentata, collettiva» (5), che è elemento attivo nel presente , anch'esso vivo e autonomo, e particolare, poiché va a fondersi con l'immaginario. La potenza del luogo presente, unita ai ricordi, rende possibile nello spettacolo la coesistenza di passato, presente e futuro. Ciò vale anche per le zone oggi disabitate, come per esempio i siti archeologici. In questo caso per l'artista è importante saper ascoltare il luogo per quello che è nella nostra contemporaneità (se è turistico, vengono letti anche i comportamenti dei visitatori, le informazioni pubblicitarie …), percepirlo in relazione al contesto odierno, considerando anche le modifiche urbanistiche intercorse negli anni. Ciascun dato (la nostra presenza, la natura, l'architettura, la memoria) entra in relazione con l'altro in un rapporto dialettico. Come una specie di agencement deleuziano, ovvero una molteplicità irriducibile di elementi(6). Una sorta di meccanica ondulatoria: ogni idea, ogni emozione, ogni pensiero, influenza l'altro e cosi via. Proprio come quando gettiamo un sasso in acqua e da un piccolo cerchio ne consegue un altro, un po' più grande.
Crisafulli sembra inoltre portare alle estreme conseguenze il concetto di “cosa” di Reinhardt. Essa infatti, proprio come nel pensiero reinhardtiano, non è semplice accessorio, ma oggetto che possiede un' anima , esiste, gode di una sua identità, di un' “aura” per dirla con Benjamin, come nei cosiddetti “drammi della tecnica”, ovvero spettacoli senza attori, eseguiti in palcoscenico, dove assoluti protagonisti sono lo spazio, gli oggetti, la luce, e naturalmente le relazioni che scaturiscono dal loro cooperare.
Come si è accennato, Crisafulli attribuisce alla luce un'importanza capitale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la sua ricerca parte proprio da questo elemento e che egli rappresenta, in tal senso, un unicum italiano, come afferma Cristina Grazioli, docente di Storia della Regia Teatrale presso l'Università di Padova. Crisafulli è tra i pochissimi nel nostro Paese a conferire dignità poetica alla luce, e che porti avanti una rigorosa analisi sul rapporto della luce con gli altri elementi dello spettacolo (7), liberandola dalla «paradossale opacità» nella quale per molto tempo è stata confinata: luce, quindi, come elemento fertile, creativo, generatore di poesia, delineatore di spazio e tempo, e di drammaturgia; come materia che si insinua nelle altre materie, penetra gli oggetti e con essi crea una quantità di analogie e connessioni (8). In tutto questo, la tecnologia, non è vista come sfera parallela e sterile, ma come elemento in stretto rapporto con la realtà del luogo, partecipe dei suoi pieni e dei suoi vuoti, articolato dal punto di vista linguistico.
Parte sostanziale della sofisticata macchina che muove il “teatro dei luoghi” è il pubblico, che si trova spesso, in questo tipo di lavori, in una condizione specifica, spesso in movimento lungo percorsi che lo immergono nell'atmosfera dello spettacolo, partecipe della determinazione della drammaturgia e dei tempi dello spettacolo. Di quest'ultimo, anche per la sua conoscenza del sito, tende a condividere l'immaginazione, in una situazione in cui «la memoria, la conoscenza del sito e l'immaginario del pubblico e della compagnia teatrale entrano in contatto tra loro in forme e con risultati che non è dato conoscere veramente se non durante la presentazione dello spettacolo» (9).
1 F. Crisafulli, Il teatro dei luoghi. Lo spettacolo generato dalla realtà , Artdigiland, Dublino, 2015, p. 20.
2 Ivi, p. 27.
3 “Concatenamenti”,nel senso dato al termine da Gilles Deleuze.
4
F. Crisafulli, Il teatro dei luoghi, op. cit., p. 107.
5
F. Crisafulli, Il teatro dei luoghi, op. cit., p.51.
6
Confronta G. Deleuze, Abecedario , “D come desiderio”. Per spiegare il concetto di agencement il filosofo riporta l'esempio del desiderio: « Quando una donna dice “desidero un vestito, desidero questo o quel vestito, quella camicetta…”, è evidente che non li desidera in astratto. Li desidera nel proprio contesto, nel proprio contesto di vita per come lei lo organizza. Li desidera non solo in relazione ad un “paesaggio”, ma a delle persone, che possono essere suoi amici o meno, o alla sua professione, ecc. Non si desidera mai qualcosa di isolato. Per di più, non desidero neanche un insieme, desidero in un insieme. (…) In altre parole, non c'è desiderio che non scorra – proprio così: che non scorra – in un concatenamento. [...] Desiderare è costruire un concatenamento, costruire un insieme. L'insieme formato da una gonna, un raggio di sole, una strada… il concatenamento di una donna, di un paesaggio, di un colore. Ecco cos'è il desiderio. E costruire un concatenamento, significa costruire una regione; significa davvero concatenare. (…) Il concatenamento è un fenomeno fisico, è come una differenza. Perché accada qualsiasi evento c'è bisogno di una differenza di potenziale e ci vogliono due livelli, bisogna essere in due, allora accade qualcosa. Un lampo o un ruscelletto, e siamo nel dominio del desiderio».
7
Cfr. C. Grazioli, Luce e ombra. Storia, teorie e pratiche dell'illuminazione teatrale , Laterza, Roma-Bari, 2008; Id., Risonanze magnetiche. Tracce di memoria delle Avanguardie , in La luce come pensiero. I laboratori di Fabrizio Crisafulli al Teatro Studio di Scandicci, 2004-2010 , a cura di S. Tarquini, Editoria & Spettacolo, Riano (RM), 2010.
8 «Si potrebbe anche dire che si instauri, tendenzialmente, uno scambio di proprietà tra luce e luogo. Che la luce tenda a “diventare” luogo, e il luogo luce» (F. Crisafulli, Il teatro dei luoghi, op . cit., p. 84).
9 Ivi , p. 119.
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